IL MUSEO

 

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Il Museo del Prosciutto e dei Salumi di Parma

Un percorso espositivo articolato in otto sezioni tematiche, ricavato nell’ex Foro Boario di Langhirano, illustra la storia dei salumi parmensi

di Mariagrazia Villa

Cosa, più di un sublime piatto di salumi, può esprimere la tipicità gastronomica del nostro territorio? Le prelibate dolcezze del Prosciutto crudo, le invitanti rose del pregiato Culatello, le profumate e gustosissime fette di Salame, la morbida Spalla cotta, rosa ma lievemente marezzata di bianco… Ma anche la Gola, il Lonzino, la Pancetta, il Lardo, il Cappello da Prete e il Prete, il Cotechino, la Cicciolata, la Coppa, il Salame Gentile, il Salamino, il Fiocchetto, lo Strolghino e la Mariola. Da qualche anno, un luogo permette di sapere tutto su queste delizie, le stesse che hanno lasciato in più di un viaggiatore illustre, da Mario Soldati a Giorgio Bocca, da Cesare Zavattini a Gianni Brera, un ricordo della nostra terra ispirato dal piacere: il Museo del Prosciutto e dei Salumi di Parma. Inaugurato e aperto al pubblico il 2 maggio 2004, si trova a Langhirano, patria d’elezione del Prosciutto di Parma e dell’industria salumiera locale. In questo paese, infatti, l’attività di macellazione e lavorazione delle carni suine, è tipica, come in altri centri pedemontani del Parmense, fin da epoca pre-romana.

La sede del Museo è nei locali della vasta struttura dell’ex Foro Boario, progettato ai primi del Novecento per ospitare la contrattazione e la vendita di animali e situato a ridosso dell’ex Macello comunale.

 

 

Sopra la sede del Museo presso l’ex Foro Boario (Foto Dell’Aquila)

 

 La costruzione dell’edificio risale al 1928 e testimonia l’importanza raggiunta dal mercato del bestiame – maiali inclusi – che si teneva a Langhirano, come in molti altri centri, anche piccoli, del Parmense. Adibito a sede dei magazzini comunali

fino al 2002, l’ex Foro Boario presenta

una struttura muraria in sassi disposti

a mosaico con alternate file orizzontali

e lesene in laterizio a vista. La struttura della copertura a due falde è caratterizzata da un sistema tradizionale a capriate lignee, tipico delle costruzioni agricole e paleo-industriali dell’area padana. Il porticato che delimita lo spazio interno ha una profondità e una altezza tali che hanno reso possibile all’architetto Marco Contini, a cui si deve il restauro

e la ridefinizione funzionale dell’edificio e l’allestimento museografico con la

consulenza di Mario Zannoni, la realizzazione di soppalcature destinate al percorso espositivo. Il volume a torre che delimita l’ingresso a ovest, invece,

è stato convertito per ospitare gli uffici

del Museo e gli ambienti di accoglienza e assistenza turistica. La scelta dell’ex Foro Boario di Langhirano, come sede del Museo del Prosciutto e dei salumi di Parma, ha consentito il recupero funzionale di una struttura legata alla vita economica di questa terra e, nel contempo, la sua trasformazione in uno strumento di lettura e comprensione dell’attività alimentare odierna. Articolato in otto sezioni tematiche, il percorso espositivo, che ricorda le “scalere”, i telai in legno al quale i salumi vengono appesi con cordicelle durante il periodo della stagionatura, prevede, a supporto del materiale in mostra, anche la presenza di alcuni audiovisivi. L’itinerario inizia da un inquadramento territoriale, con la descrizione dell’agricoltura parmense, dall’antichità all’Ottocento. Con un occhio particolare, naturalmente, alla relazione tra la produzione zootecnica e lo sviluppo dell’agricoltura. Nella seconda sezione, dedicata alle razze suine destinate alla produzione dei salumi, sono mostrate varie testimonianze relative alla diffusa presenza del maiale nell’antichità, nel Medioevo e fino ai nostri 

Sopra il percorso espositivo che ricorda lo scalere, il telaio per la

                             stagionatura dei salumi.Sotto la sezione dedicata alla lavorazione delle carni (foto Dell’Aquila)

 

 

 

giorni. Inoltre, è ben rappresentata la differenziazione, avvenuta nel tempo, delle razze suine presenti nel Parmense. Attualmente, s’impiega per la produzione di salumi nel nostro territorio il “suino pesante”, ottenuto da incroci di razze a mantello bianco, ma fino a un secolo fa la razza “Nera parmigiana” era la più diffusa nella nostra provincia. E, negli ultimi anni, si è cercato di svilupparne di nuovo l’allevamento, per l’ottima qualità del grasso che incide anche sul sapore della carne. Si prosegue per arrivare alla sezione relativa al sale, l’ingrediente senza il quale non avrebbe mai potuto esserci alcuna arte dei salumi. Qui, viene narrata la storia di questo importantissimo “strumento” di conservazione degli alimenti, mettendolo in relazione alle diverse epoche storiche e al differente valore che, man mano, ha acquisito nel tempo. Interessante, per comprendere meglio lo sviluppo della lavorazione dei salumi sul nostro territorio, è la vicenda legata allo sfruttamento dei pozzi di Salsomaggiore Terme. Il Parmense, infatti, è diventato un luogo privilegiato per la produzione salumiera, non solo perché baciato da un microclima favorevole per la stagionatura, dall’aria spessa e umida della Bassa per il Culatello, a quella fresca e secca della fascia collinare per il Prosciutto e il Salame, ma anche per la presenza di un sale di origine fossile, meno amaro del sale marino. La quarta sala, dedicata alla norcineria, accoglie, oltre a numerosi documenti storici sull’attività di macellazione dei suini nei secoli, un ampio campionario di antichi oggetti usati dai norcini. Si tratta di un’esauriente panoramica delle attrezzature impiegate nella tradizionale macellazione “domestica”, suddivise in relazione alla diverse fasi di lavorazione. Si segnala la riproduzione di una miniatura del Quattrocento che illustra la coltelleria, il tagliere e la forca dell’epoca. Interessante è il raffronto, nella stessa teca, con oggetti realizzati sei secoli dopo. Una curiosità è data dalla “dotazione” del norcino ambulante. Proseguendo nella visita, troviamo alcuni pannelli che introducono all’attività salumiera nel Parmense dal XVIII al XX secolo.

 

Nelle due pagine dettagli delle esposizioni: in alto il tagliere per la lavorazione delle carni,

sotto e a fianco attrezzi

per la norcineria (foto Dell’Aquila)

 

La quinta sala presenta, su pannelli a muro, la tipologia completa dei salumi parmensi e, nella teca centrale, l’oggettistica relativa alle specifiche produzioni. Dal Culatello, uno dei salumi più prestigiosi della tradizione gastronomica italiana, che ha in Zibello, nella Bassa parmense, il proprio epicentro produttivo, al Salame di Felino storicamente documentato nella zona da secoli, alla Spalla di San Secondo, uno dei piatti preferiti di Giuseppe Verdi, che amava gustarla cotta, accompagnata da croccanti fette di torta fritta e dalla spuma briosa di un bicchiere di Fortana. Di ogni salume, è presentata una immagine e una dettagliata scheda tecnica con la descrizione delle parti del maiale impiegate e dei procedimenti di preparazione e stagionatura, nonché delle modalità di consumo. Inoltre, al centro della sezione, è appesa una sàngla, la conca di legno adoperata per contenere e impastare la carne dei salami. Nella teca centrale, si trovano utensili impiegati nel confezionamento dei diversi tipi di salumi parmigiani, mentre in fondo al corridoio è posto il grande torchio per cicciolata del 1860, dimensionato per pressare le carni di ben tre maiali contemporaneamente. La sesta sezione, dedicata alla gastronomia, è da acquolina in bocca. Nel primo pannello, viene presentata una selezione di ricette di cucina con i salumi, dall’antichità al XX secolo, dalle preparazioni più semplici agli abbinamenti più insoliti e sofisticati, mentre nel secondo pannello sono riprodotte alcune nature morte del Seicento che rappresentano una fonte di prim’ordine per lo studio della storia dei prodotti alimentari del nostro Paese. Il terzo pannello, invece, illustra diversi esempi di menu con i salumi, dove si evidenzia come le classi più agiate del passato utilizzassero salumi e formaggi per conferire un tocco di originalità ai loro menu. Al centro della sezione, è possibile ammirare una pregevole affettatrice Berkel mod. 7 del 1929 originale, definita “la Ferrari delle affettatrici”, ancora perfettamente funzionante. Un vero gioiello, tranne per coloro che esigono un taglio rigorosamente a mano. La settima sezione, la più estesa del Museo, è imperniata sulla lavorazione del prosciutto e racconta l’evoluzione delle tecnologie produttive del Prosciutto di Parma nel primo Novecento. Attraverso pannelli, con foto e documenti d’epoca vengono illustrate tutte le diverse fasi della lavorazione del prosciutto, ponendo l’accento sul miglioramento dell’efficienza, dovuto all’introduzione degli impianti refrigeranti a partire dall’inizio degli anni

 

 

Quaranta del Novecento e al perfezionamento dei macchinari che avrebbero portato alla meccanizzazione di alcune fasi del processo produttivo. Il progresso tecnologico ha determinato il passaggio da una produzione stagionale dei salumi a una offerta costante nell’arco dell’anno. Uno spazio particolare è poi dedicato all’evoluzione dei salumifici del territorio. A partire dalla fine dell’Ottocento, la lavorazione e la stagionatura industriali del prodotto -si tratti di prosciutti, salami o insaccati vari -si svolge in strutture dedicate, i salumifici, che mutuano forme e tipologie dai modelli agricoli preesistenti. Nel corso del tempo, la loro evoluzione risente, non solo del progresso tecnologico e della ricerca di una maggior produttività e qualità del prodotto, ma anche delle particolari condizioni climatiche di quest’area geografica.

Per consentire una migliore comprensione delle caratteristiche costruttive di un salumificio degli anni Cinquanta del Novecento, dalla caratteristica forma allungata a tre piani di cui uno rialzato con cantina seminterrata, dalle grandi finestre verticali e dalle grandi terrazze

 

 sotto la stadera per il sale e la coltelleria (foto Dell’Aquila)

per sfruttare al meglio le caratteristiche microclimatiche di quest’area geogra fica in cui l’arieggiamento, il grado di umidità e le temperature annuali contribuiscono in modo fondamentale alla qualità dei prodotti, è stato realizzato un modello in legno con uno spaccato che permette di vedere l’interno dei vari ambienti. Al termine della sezione, un video mostra la tecnologia odierna di produzione del Prosciutto di Parma. La sezione conclusiva del Museo presenta, in due grandi pannelli, le notizie più significative sul Prosciutto di Parma e sul Consorzio che ne tutela la qualità attraverso la denominazione d’origine protetta, e le produzioni agro-alimentari parmigiane. A integrazione del Museo, sono presenti due spazi a servizio dei visitatori: una Prosciutteria, dove gustare un bel piatto di salumi, e un punto-vendita di prodotti tipici dell’arte salumiera nostrana, ma anche di pubblicazioni, poster, cartoline e oggetti da cucina a tema.

 

 

1- Corredo da norcino ambulante. Lagrimone di Tizzano Val Parma; brattee di mais (sporta), ferro e legno (coltelleria); circa 1930.

Nella stagione fredda, da novembre a febbraio, con l’unica eccezione del 17 gennaio, festa di S. Antonio abate, ancor oggi assai venerato in

campagna e che ha come attributo iconografico il porcello, il norcino si recava al domicilio del proprietario del maiale, munito della sporta con gli arnesi di lavoro: stiletto (coradór), coltelli, mannaia, raschietti, uncini. Nella nostra zona l’uccisione avveniva solitamente mediante una fulminea stilettata al cuore, altrove con la recisione della giugulare.

 

 

 

 

2 -Mannaia tritacarne. Ambito parmense; ferro e legno; sec. XIX.

I diversi tipi di salumi parmigiani si ricavano da parti suine intere (insaccati o messi a stagionare con la cotenna) oppure da carne macinata e insaccata. Interessante, tra gli utensili inerenti alla lavorazione, è la mannaia tritacarne (manära da masén) con lama trapezoidale. Manufatto semplice e funzionale, espressione della civiltà contadina, se impugnato con una sola mano fungeva da mannaia; invece, per sminuzzare la carne da salame, si usava tenendolo con entrambe le mani, come un manubrio.

 

3 -Torchio per cicciolata. Langhirano; legno e metallo; circa 1860.

Poiché «del maiale non si butta via niente», era abitudine cuocere in pezzi minuti per ore, in un paiolo con foglie d’alloro e spezie, le parti non usate per prodotti più “nobili”: testa, cuore, lingua, ritagli di pancetta, residui di carne recuperati spolpando le ossa. A cottura ultimata, l’operazione finale era la pressatura con il torchio, entro un sacco di tela greggia. Il capace recipiente di questo esemplare poteva contenere l’intera cicciolata ricavata da tre maiali.

 

 

4 -Il salumiere Guerino Buffetti. Busseto (Parma); fotografia; circa 1925.

Capostipite di una dinastia di salumieri, Guerino Buffetti è qui ritratto con l’immancabile mantello (tabarro), il fedele cane e una scrofa di razza Yorkshire media. Alle sue spalle, appesi fuori del rinomato negozio di Piazza Matteotti a Busseto, salumi tipici in grande varietà: pancette, spalle (riconoscibili dal tratto della corda di legatura

lasciato penzolante), coppe, fiocchetti,

salsicce, salami,...

 

 

5 -Locandina pubblicitaria. Gino Boccasile, circa 1950.

I Musei del Cibo conservano ed espongono non soltanto oggetti, ma anche immagini, quali antiche stampe, cartoline e comunicazioni pubblicitarie (al tempo chiamate réclames). È il caso della locandina degli anni Cinquanta del Novecento disegnata dal celebre Gino Boccasile (1901-1952) per l’industria alimentare Gino Tanzi. Essa raffigura una procace bellezza emiliana che, seduta su un placido maiale, offre alcuni degli altrettanto opulenti prodotti locali: salumi e conserva di pomodoro.

 

6 -Macinasale elettrico. Langhirano; metallo; circa 1950.

L’attrezzo, montato su ruote, presenta nella parte superiore la tramoggia dove si inseriva il sale in blocchi e in basso lo scivolo per il sale macinato, che si raccoglieva in un sottostante contenitore ligneo (perduto) e che

poteva poi essere setacciato, per ottenere una granulometria uniforme. Il motore elettrico è collegato alle macine con una cinghia di trasmissione. Fu realizzato dalla ditta Stocchi di Langhirano, situata in Via XX Settembre e chiusa nel 1965 circa.

7 -Impianto di ventilazione. Ambito parmense; legno; circa 1920.

Realizzato interamente in legno e costituito da canalizzazioni primarie e secondarie munite di sfiati e collegate a un ventilatore a parete,rappresenta uno dei primi impianti di ventilazione, installati in un salumificio di Collecchio al fine di consentire la circolazione dell’aria nei locali per l’asciugatura e la stagionatura dei salumi. Le canalizzazioni

erano fissate alle travi e ai travetti del soffitto; i salumi (prosciutti, salami, coppe) erano appesi o alle travi stesse o a una sottostante orditura lignea munita di ganci.

 

8 -Affettatrice manuale Berkel. Produzione olandese; metallo

verniciato; circa 1925.

Al centro della sezione museale dedicata alla Gastronomia spicca un’affettatrice Berkel modello 7, con piede autoportante, carrello orizzontale e manovella frontale. Si tratta di un non comune esemplare

assemblato in Italia, a cura della filiale di Milano, di un modello della rinomata fabbrica per attrezzature da salumiere (affettatrici, bilance) aperta a Rotterdam nel 1898 dal macellaio Wilhelm A. Van Berkel. La macchina qui presentata proviene da una salumeria di Collecchio.

 

Bibliografia                                           

 

A. MORDACCI, La norcineria e i salumi di Parma, in M. ZANNONI (a cura di), Guida al Museo del Prosciutto e dei Salumi di Parma, Parma, Silva, 2004.

 

 

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